COLPO DI CALORE

COLPO DI CALORE

Il colpo di calore è una emergenza sanitaria per i nostri amici cani e gatti da conoscere e non sottovalutare.

L’esposizione a temperature ambientali elevate, può indurre al colpo di calore, quando l’organismo non riesce a disperdere il calore assunto. Ciò si riscontra, in particolare, nelle razze brachicefale (a muso largo e corto), nei soggetti anziani, e nei soggetti obesi.

Il colpo di calore può verificarsi rapidamente, specialmente in ambienti chiusi con scarsa ventilazione (all’interno di una macchina con finestrini chiusi) anche in giorni moderatamente caldi. La temperatura all’interno dell’abitacolo di una macchina chiusa, esposta al sole, può superare i 49C° in meno di 20 minuti. La morte nei soggetti a rischio può subentrare in meno di 1 ora.

L’ipertermia grave si stabilisce quando la temperatura rettale supera i 41,5C°.

I segni clinici consistono in iperemia delle mucose, tachicardia e respirazione affannosa. Segni più gravi sono il collasso (non si alza in piedi), incoordinazione motoria, vomito, diarrea, ipersalivazione, tremori muscolari, perdita di coscienza, crisi convulsive. Si possono riscontrare disfunzioni a carico di tutti gli apparati. In seguito alla denaturazione delle proteine cellulari si hanno: blocco delle attività enzimatiche, scambi ematici insufficienti, ipotensione. L’aumento della frequenza respiratoria porta ad alcalosi respiratoria, mentre la scarsa perfusione tissutale determina acidosi metabolica. Il grave squilibrio di elettroliti e del pH porta ad edema cerebrale e morte.

Il colpo di calore non si cura con farmaci antipiretici utilizzati nella febbre! Cosa fare?

Per prima cosa il corpo dell’animale deve essere raffreddato completamente e subito. Si possono eseguire bagni con acqua fresca, ma non fredda, altrimenti la vasocostrizione periferica rallenta il processo di raffreddamento. Gli animali che arrivano a visita dopo essere stati raffreddati fino a raggiungere l’ipotermia hanno una prognosi peggiore. A questo punto meglio portare il cane dal veterinario, dopo un bagno veloce.

L’intento della terapia è di abbassare la temperatura corporea interna e di dare supporto alle funzioni vitali. La temperatura va abbassata con asciugamani imbevuti di acqua non fredda, si possono usare anche lavande gastriche o clisteri di acqua fresca. Si somministrano soluzioni endovenose e il raffreddamento sarà interrotto dopo che la temperatura è scesa fino a 39C°. Il trattamento di mantenimento consiste nel valutare, ripristinare e sostenere, il normale ritmo cardiaco, la pressione arteriosa, la diuresi e lo stato del sensorio. Se sono presenti segni di emorragia gastrointestinale si somministrano antibiotici. Le analisi di base comprendono: emocromo, biochimico, test di coagulazione, analisi delle urine.

Dopo il trattamento iniziale, il paziente va tenuto in terapia intensiva e ricontrollato a  e 48h per scongiurare la presenza di danni secondari quali: insufficienza renale, mioglobinuria, edema cerebrale, coagulopatia.

La Sindrome della Cauda Equina

La sindrome della Cauda Equina

è una patologia neurologica complessa e polifattoriale, di frequente riscontro nella pratica clinica, che colpisce maggiormente cani di grossa mole, adulti anziani. E’ importante effettuare una diagnosi differenziale con le patologie che colpiscono ginocchia e bacino e che spesso vengono ritenute erroneamente responsabili della sintomatologia clinica. Anche se diverse sono le cause patologiche alla base  di questa sindrome l’esito finale è  comunque il restingimento (stenosi) del canale vertebrale e/o dei foramina di uscita delle radici nervose con conseguente compressione dei nervi della cauda. La sintomatologia clinica varia a seconda della localizzazione della stenosi, costante risulta il dolore lombosacrale mentre gli altri sintomi presenti,  spesso cronici, sono debolezza del treno posteriore con conseguente difficolta’ nel saltare in auto o gli ostacoli, zoppia piu’  o meno grave degli arti posteriori, coda immobile e nei casi piu’ gravi ed avanzati incontinenza urinaria e fecale. Il sospetto clinico di questa patologia viene confermato mediante l’esame di  risonanza magnetica e l’esecuzione di radiogrammi in caso di instabilita’ vertebrale lombosacrale. Per quanto riguarda la terapia puo’ essere medica nei casi piu’ lievi con riposo e farmaci analgesici che alleviano il dolore neuropatico mentre per i casi piu’ gravi si ricorre alla terapia chirurgica .Oltre alla tradizionale laminectomia dorsale negli ultimi anni effettuiamo anche la foraminotomia che consente di liberare le radici nervose compresse e/o incarcerate dal tessuto osseo e/o fibroso esuberante.In casi di instabilita’ vertebrale con conseguente sublussazione articolare lombosacrale l’intervento chirurgico consigliato sara’ una stabilizzazione vertebrale.

 

 

 

La diagnosi precoce di displasia dell’anca nel cucciolo

La diagnosi precoce di displasia dell’anca nel cucciolo

 

La displasia dell’anca è una patologia molto seria, in grado di compromettere anche gravemente la qualità della vita del cane e le sue prestazioni fisiche. Una diagnosi più precoce possibile consente al medico veterinario di intercettare la malattia ai suoi esordi e di mettere in atto le misure necessarie per limitare il più possibile il suo sviluppo. L’età di tre mesi e mezzo è l’epoca più precoce in cui oggi si possono rilevare con sicurezza i primi segni di displasia eccezion fatta per i casi di grave lussazione congenita in cui la diagnosi può essere eseguita ancor prima. Sulla base di un’attenta correlazione dei dati raccolti è così possibile formulare una prognosi riguardante la forma di displasia che il cucciolo potrà sviluppare nel corso della crescita e da adulto. In funzione della gravità delle alterazioni riscontrate nel cucciolo saranno poi consigliati i rimedi più opportuni. Nei casi più lievi si potrà intervenire solo sulla gestione del cucciolo durante la crescita, attraverso il controllo dell’alimentazione e opportune norme di comportamento. Nei casi più significativi si potranno consigliare degli interventi chirurgici correttivi che, se effettuati a questa giovane età, risulteranno minimamente invasivi per il cucciolo rispetto a quelli necessari in età più avanzata, mentre nei casi più gravi saranno indicati interventi più complessi. Evidenziando la malattia nella sua fase precoce, quando la cartilagine articolare non ha ancora subito alterazioni gravi, è così possibile modificare lo sviluppo dell’articolazione dell’anca in modo da evitare la progressione dei danni alla cartilagine e la degenerazione articolare che ne consegue. Quando le misure comportamentali e ambientali non sono sufficienti ad arrestare il processo displasico, è possibile ricorrere a delle procedure chirurgiche profilattiche mirate ad arrestare o comunque a ridurre grandemente l’evoluzione della patogenesi displasica, a migliorare la funzionalità articolare e ad elevare la qualità di vita del cane. Nei cuccioli di 3-4 mesi d’età, con sublussazione moderata, ma significativa, si può eseguire un intervento chirurgico correttivo chiamato sinfisiodesi pubica giovanile, che risulta minimamente invasivo per il cucciolo. Nei cuccioli più maturi e nei casi più gravi saranno invece indicati interventi più complessi come la duplice osteotomia pelvica (DPO) e la protesi totale d’anca. Nei casi d’artrosi avanzata e invalidante, solo una protesi totale d’anca potrà migliorare la qualità della vita del cane e restituire una piena funzionalità articolare. Altri interventi, come la rimozione del muscolo pettineo e la recisione del tendine del muscolo ileo-psoas, possono dare un beneficio temporaneo, per alcuni mesi, nelle forme d’artrosi grave perché migliorano l’ampiezza dei movimenti articolari, ma non sono in grado di ridurre la progressione artrosica. L’intervento di rimozione della testa del femore (artroplastica escissionale), alquanto demolitivo, è indicato solo nei casi molto gravi, che non rispondono al trattamento conservativo e nei quali non è possibile eseguire la protesi d’anca.

 

In cosa consiste:

La displasia dell’anca consiste in una malformazione dell’articolazione coxo-femorale (anca) che si sviluppa durante la crescita del cane. L’anca è un’articolazione formata dalla testa del femore e dall’acetabolo; schematicamente, questa articolazione, può essere paragonata ad una sfera che ruota all’interno di una coppa.

 

Nel cucciolo affetto da displasia, la mancata congruenza tra la testa del femore e la cavità acetabolare e l’instabilità associata dei capi articolari provocano, con il movimento del cane, una progressiva usura dei margini articolari cui consegue la degenerazione della cartilagine articolare. Con il passare del tempo, si sviluppa un’artrosi cronica progressiva e dolorosa, talvolta invalidante per il soggetto colpito. Infatti, se una sfera si muove all’interno di una cavità perfettamente conformata i cui corrispettivi centri sono concentrici, la struttura avrà sempre una stabilità ottima, se invece la sfera e la cavità non sono perfettamente concentriche, si genera un’incongruenza di forma che rende instabile la struttura.

 

Cause:

La displasia dell’anca è una patologia multifattoriale, ossia numerosi fattori, quali quelli genetici, ambientali e nutrizionali entrano in gioco nel suo sviluppo ed in particolare nel determinarne la gravità. È necessario sottolineare l’importanza del fattore ereditario, in quanto le alterazioni strutturali della displasia dell’anca che stanno alla base del processo patologico sono innanzitutto da attribuire ad un difetto di origine genetica.

 

Componente genetica: La modalità di trasmissione ereditaria è determinata da numerosi geni e quindi è di tipo poligenico. La malattia può essere trasmessa da un genitore ad un discendente anche se il genitore non presenta displasia, perché portatore sano dei geni della malattia. La displasia, infatti, non si esprime in tutti i soggetti geneticamente colpiti, ma solo in una parte di loro. Il patrimonio genetico dei genitori può essere considerato libero da displasia non solo quando essi stessi non ne sono colpiti, ma quand’anche tutti i loro fratelli, sorelle, nonni e zii non sono risultati displasici. Pertanto, per conoscere se un soggetto non affetto da displasia è anche un riproduttore che non trasmette questa malattia nella sua discendenza, bisogna conoscere il suo pool genetico, valutando quindi tutta la sua parentela.

Componente ambientale: Nell’espressione dell’entità della patologia sono interessati anche importanti fattori ambientali quali l’alimentazione, il tipo e la quantità d’esercizio fisico, eventuali traumi e possibili malattie concomitanti. Questi fattori ambientali sono in grado di incidere sul grado della displasia, quindi sulla gravità dell’espressione della malattia, ma, in genere, non sulla presenza o l’assenza di quelle malformazioni che stanno alla base della displasia.

Quando e come fare diagnosi:

La displasia non è presente quando il cane nasce perché l’articolazione si conforma in modo anomalo durante il periodo della crescita. Mentre l’assenza della displasia può essere accertata con certezza solo dopo il completamento dello sviluppo scheletrico (un anno per la maggior parte delle razze e un anno e mezzo per quelle di taglia gigante), la presenza della displasia o dei segni che mostrano lo sviluppo della malattia stessa possono essere accertati già durante la crescita del cane. La displasia dell’anca può essere pertanto diagnosticata già nei primi mesi di vita del cane. Attorno ai tre mesi e mezzo appaiono le prime alterazioni articolari che consentono al medico veterinario di stabilire con una buona accuratezza l’eventuale tendenza del cucciolo a sviluppare una condizione patologica dell’anca. Nelle forme ancor più gravi, dove le teste femorali appaiono completamente lussate, la diagnosi può essere eseguita ancor prima. Frequentemente i cani non vengono controllati precocemente solo perché figli di genitori non colpiti da displasia o perché non manifestano nessuna sintomatologia evidente. Molto raramente il cucciolo all’età di 3-4 mesi manifesta dei sintomi clinici riferibili a displasia, anche se gravemente affetto, sia per il peso corporeo ancora ridotto, sia per la capacità della cartilagine articolare di sopportare gli insulti iniziali. Il fatto di discendere da genitori sani non garantisce al cucciolo di esserlo a sua volta, per la complessità della trasmissione poligenetica. Tutti i cuccioli appartenenti ad una razza a rischio, quindi, andrebbero controllati molto precocemente in modo da poter verificare un’eventuale loro tendenza alla displasia dell’anca e provvedere a limitarne lo sviluppo. Le razze a maggior rischio di displasia dell’anca sono quelle di taglia grande e gigante tra le quali segnaliamo, per incidenza e per diffusione della razza nel nostro paese, il Pastore Tedesco, i Retrievers, il Rottweiler, il Dogue de Bordeaux, il Cane Corso, il Boxer e in generale tutti i molossoidi e le razze giganti. La valutazione precoce dell’articolazione coxofemorale consiste in un esame ortopedico dettagliato, comprendente una valutazione clinica mediante palpazione dell’anca e uno screening radiografico statico e dinamico finalizzati ad individuare, già in tenera età, i segni iniziali della malattia. Per eseguire la valutazione è sufficiente una leggera sedazione che impedisca al cucciolo di opporre resistenza alle manualità dell’operatore.

 

 

TPLO

TPLO

TPLO è l’acronimo di Tibial Plateau Leveling Osteotomy (Osteotomia di livellamento del piatto tibiale).

Questa tecnica, introdotta da Slocum nel 1993, è attualmente una delle metodiche chirurgiche più utilizzate per il trattamento dell’incompetenza del legamento crociato craniale nel cane. La TPLO prevede l’esecuzione di un’osteotomia radiale, eseguita con strumentario apposito, la rotazione caudale del segmento prossimale tibiale e la stabilizzazione dei monconi tibiali mediante placca dedicata tradizionale modello Slocum o impianto dedicato ad angolo stabile. Questa tecnica non prevede alcuna sostituzione del legamento crociato in quanto, mediante una modificazione della geometria articolare, permette di ottenere l’annullamento di forze indesiderate. In particolare, mediante la correzione dell’inclinazione del piatto tibiale, si propone di assicurare la stabilità dinamica cranio-caudale a carico dell’articolazione del ginocchio durante la fase d’appoggio del passo.

La rottura del legamento crociato craniale (LCCr) è una delle patologie ortopediche di più frequente riscontro clinico nella specie canina, in particolare in soggetti di taglia medio-grande e gigante, in cani in sovrappeso oppure molto attivi. L’eziologia della rottura del LCCr è da considerarsi polifattoriale ove fattori traumatici, degenerativi, conformazionali, anatomici ed autoimmunitari, soli od associati, concorrono nel determinismo della malattia. La lesione del LCCr di più frequente riscontro clinico non è di natura traumatica ma di tipo progressivo-degenerativo come conseguenza di uno stress meccanico cronico che si esercita sul legamento stesso per azione di molteplici fattori che si estrinsecano in una spinta craniale della tibia per effetto del carico ponderale che porta a progressivo indebolimento, degenerazione, rottura parziale, e solo tardivamente a completa rottura.A seguito di questo particolare decorso ezio-patogenetico si assiste ad una progressiva perdita di stabilità articolare a cui consegue lo sviluppo di un’ artropatia degenerativa progressiva (DJD) e spesso di una secondaria lesione meniscale. Il trattamento deve essere volto al recupero della stabilità articolare, alla remissione della sintomatologia ed all’arresto dei secondari processi degenerativi articolari.

La TPLO è al momento l’osteotomia correttiva più utilizzata e riconosciuta da numerosi chirurghi ortopedici quale miglior opzione per il trattamento di rottura del LCCr in cani di taglia grande- gigante.

 

OSTRUZIONE URETRALE NEL GATTO

OSTRUZIONE URETRALE NEL GATTO

E’ una patologia molto grave che può avere un’insorgenza acuta e iperacuta caratterizzata da difficoltà e dolore al momento della minzione. Se l’ostruzione è completa e non viene trattata tempestivamente può causare un precipitoso aggravamento delle condizioni di salute del gatto. Il soggetto può presentare depressione, spesso vomito e diarrea fino al coma e alla morte nelle situazioni più gravi, come conseguenza della prolungata ritenzione di urina in vescica che porta ad insufficienza renale. Soprattutto per i gatti che vivono all’aperto non sempre è facile accorgersene in tempo. Talvolta si possono notare gocce di sangue vicino alla lettiera, aumento della frequenza dell’urinazione, emissione di piccole quantità di urina in luoghi inappropriati, dolore e vocalizzazioni all’atto della minzione o aggressività ingiustificata.

Le principali cause che possono determinare un’ostruzione uretrale sono cistiti, calcoli, difetti anatomici della vescica o dell’uretra, raramente tumori, problemi comportamentali.

Questa patologia colpisce prevalentemente i gatti di età media e maschi, la loro uretra è infatti molto più stretta e lunga rispetto a quella delle femmine. Una maggiore predisposizione si ha nei soggetti in sovrappeso, che fanno poco esercizio fisico. Situazioni particolarmente stressanti per il gatto (introduzione di un nuovo animale o componente familiare, cambio di casa, lettiera sporca e condivisa con altri gatti, ciotole condivise, ambienti ristretti e poco stimolanti) sono anch’essi importanti fattori predisponenti.

L’ostruzione provoca molto dolore e disagio al gatto e questo lo rende nervoso. I gatti con ostruzione passano molto tempo sulla lettiera sforzandosi di urinare e si leccano con insistenza la zona perineale (sotto la coda).  La ritenzione urinaria e la conseguente uremia porta a disappetenza, salivazione abbondante, vomito, diarrea, fino anche a sintomi neurologici, coma e morte del gatto.

Una volta sospettata la presenza di tutti questi segni è fondamentale portarlo quanto prima presso un pronto soccorso veterinario.

La diagnosi è soprattutto clinica attraverso la palpazione della vescica, che appare distesa, dura e dolente. Una radiografia dell’addome ci permette di confermare la diagnosi e di visualizzare l’eventuale presenza di calcoli urinari occludenti.

E’ necessario eseguire esami emato-chimici sul sangue per esaminare la funzionalità renale e valutare gli elettroliti, stabilizzare il paziente tramite fluidoterapia se questi valori sono alterati  e quindi procedere con la disostruzione tramite inserimento di un catetere urinario.

Spesso le conseguenze di questa patologia sono talmente gravi da rendere necessario il ricovero in terapia intensiva per più giorni.

Una volta tornato a casa sarà molto importante far trovare al gatto un ambiente confortevole e stimolante (giochi, graffiatoi, cucce), acqua fresca sempre a disposizione (es.fontanelle per gatti), lettiera pulita in quanto è stato dimostrato che lo stress è uno dei fattori predisponenti più importanti. Verrà prescritta una terapia medica e dietetica a seconda dei singoli casi.

Le recidive purtroppo sono frequenti e nei casi più gravi, quando la terapia medica dietetica e farmacologica non è risolutiva, puo’ essere necessario un trattamento chirurgico (uretrostomia).